Feci una virata per evitare un monte e ci trovammo a sorvolare una bassa valle. Proprio davanti a noi c’era una gigantesca piramide di un bianco abbagliante, sembrava uscita da un racconto di fate. La superficie pareva di metallo, oppure di una pietra molto chiara. Era di un candido immacolato su ogni suo lato. La cosa più incredibile era l’enorme apice, di un metallo simile ai gioielli, probabilmente di cristallo. Restammo sbalorditi per l’immensità dell’oggetto. Io e il mio navigatore volevamo atterrare ma non c’era uno spazio adatto per riuscirci. Non c’era nulla intorno, solo quella piramide in mezzo al nulla. Penso che sia molto antica. Chi può averla costruita? Perché? Che cosa contiene?
James Gaussman
E’ diario straordinario anche perché sembra descrivere esattamente l’emozionante visione di migliaia di anni fa delle piramidi egizie di Giza. Invece si riferisce alla Cina della primavera del 1945.
Sul finire della seconda guerra mondiale, il volo ricognitivo di un aereo militare americano nel Sichuan cinese subì una deviazione imprevista per un’avaria e portò ad una grande e discussa scoperta, la piramide bianca. Il pilota inanellò varie spirali intorno al monumento e lo fotografò. Rapporto e fotografia rimasero per decenni lettera morta in un cassetto degli archivi militari americani. Solo decenni più tardi furono recuperate e segnalate al mondo in varie pubblicazioni, nel 1983 dal matematico neozelandese Bruce Cathie, nel 1986 da Bryan Crowley, nel 1996 dal ricercatore tedesco Hartwig Hausdorf. Poco dopo Gaussman, nella primavera del 1947, il New York Times pubblicò la testimonianza di un altro aviatore, il colonnello Maurice Sheehan, che da un aereo DC 3 in volo sopra la Cina fotografò una piramide che disse alta almeno trecento metri e con i lati della base di quattrocentocinquanta metri. Ma rimbalzarono subito comunicati stampa delle autorità cinesi che chiusero la questione negando l’esistenza della piramide e la rigida reazione cinese screditò l’immagine di Sheehan, che si ritenne avesse esagerato nell’interpretare le fotografie scattate. E va detto come, fin da allora, le reticenze ed il mutismo del governo cinese in proposito, le insormontabili difficoltà ad acconsentire a libere ricerche archeologiche in varie regioni in cui l’accesso è di norma interdetto, le scarse collaborazioni per lo più accordate dagli archeologi cinesi ai colleghi occidentali, abbiano reso notevolmente complesso e difficile all’occidente lo studio delle piramidi preistoriche cinesi. Nonostante le smentite cinesi l’occidente si era però ormai accorto della ricchezza archeologica della Cina anche quanto a piramidi. Nel 1947 un articolo di Science News Letter, poi diventata Science News, pur dimensionando la scoperta, la segnala.
Le piramidi cinesi in quella regione sono composte di argilla e fango, quindi più simili a tumuli delle piramidi egizie. I viaggiatori in quell’area sono rari. I ricercatori statunitensi che vi sono stati ritengono esagerato stimarle in altezze di mille piedi, trecento metri, che è più del doppio di quelle egizie, la maggior parte dei tumuli in quest’area è infatti di ridotta altezza. La zona, a quaranta miglia a sud ovest di Sian, è sito di grande importanza archeologica ma solo poche piramidi sino ad ora sono state esplorate.
Gaussman e Sheehan non erano comunque stati i primi occidentali a scoprire le piramidi cinesi. Già nel 1912 due commercianti australiani, Fred Meyer Schroder e Oscar Maman, si erano inoltrati in Cina ed in Mongolia, spingendosi nella provincia cinese dello Shensi. Come il monaco che faceva loro da guida aveva loro anticipato, si imbatterono in sette piramidi presso l’antica città di Sianfu, l’odierna Xian. Il monaco le diceva tombe di antichi imperatori di varie migliaia di anni addietro.
Erano fatte di terra e rivestite di pietre, ma la maggior parte dei rivestimenti litici erano scivolati in basso e ne restavano alcuni anche nelle parti alte. L’azione erosiva dell’acqua piovana aveva intaccato le superfici terrose delle piramidi, su cui crescevano cespugli ed alberi che davano ad esse l’aspetto di colline naturali. A detta dei due scopritori, la maggiore di esse era più alta di trecento metri ed alla base contava lati di oltre cinquecento metri, le stesse misure riferite da Sheehan decenni più tardi.
La piramide, che risultava del tutto priva di porte di entrata e di vie di accesso, era quindi alta oltre il doppio di quelle di Giza ed aveva un volume venti volte maggiore: era dunque, di gran lunga, la più grande piramide conosciuta al mondo. Il mistero della piramide bianca ritornava.
L’anno seguente alle scoperte di Schroder e Maman, nel 1913, un esploratore francese, Victor Segalen, affermò di avere scoperto numerose piramidi appartenenti alla dinastia Han lungo il fiume Wei, e di avere individuato la piramide dell’imperatore Shi Huangdi, costruzione a cinque terrazze di cui misurò le ragguardevoli dimensioni, quarantotto metri di altezza e trecentocinquanta di lato di base, misura quest’ultima ben maggiore di quella delle piramidi di Giza. Nel 1914 Segalen descrisse queste sue esperienze nel suo L’arte funeraria nell’epoca Han, missione archeologica in Cina, aggiungendo di essere venuto a conoscenza dell’esistenza di piramidi ancora più grandi e antiche.
Quanto alla piramide dell’imperatore Shi Huangdi, fondatore della dinastia Qin morto nel 210 a.C., si ritiene si tratti di una piramide doppia, oltre alla porzione sopra il suolo ve ne sarebbe anche una porzione sotto il suolo ad apice rovesciato, interamente foderata di bronzo e sigillata ermeticamente. Lo storico cinese Sheuma Ts'ien (135-185 a.C.) ne aveva trattato e nel 1975 Patrick Ferryn ne ha riportato un estratto nel suo libro.
Shi Huangdi riuniva nelle sue mani l'intero impero. Alla costruzione del sepolcro furono utilizzati oltre settecentomila manovali. Si scavò il suolo fino all'acqua, vi si colò del bronzo e si portò il sarcofago. All'interno furono trasportati e sepolti utensili meravigliosi, gioielli ed oggetti rari. Furono riprodotti edifici per tutte le amministrazioni. Alcuni artigiani ricevettero l'ordine di fabbricare balestre e frecce automatiche, in modo che se qualcuno avesse voluto fare un buco sarebbe stato ucciso. Un vero palazzo sotterraneo si ergeva là dove ruscelli di mercurio disegnavano fiumi eterni. In alto vi erano tutti i segni del cielo, in basso tutte le disposizioni geografiche. Si fabbricarono torce con grasso di foca perché durassero a lungo. Al termine dei funerali, quando la bara fu calata, venne chiusa e nascosta la via centrale che portava al sepolcro, si fece cadere la porta dell'entrata esterna e vi si chiusero dentro tutti coloro che erano stati impiegati come manovali o come artigiani e avevano fabbricato le macchine e nascosto i tesori; dato che conoscevano tutto quanto era stato celato nella tomba, ne conoscevano il valore e ne avrebbero divulgato il segreto. Venne poi posta sul tumulo della vegetazione, in modo da farlo somigliare ad una collina. .
Una considerazione circa queste ed altre scoperte risale al 1920, ad opera dello storico Henri Cordier.
Il passato antico della Cina è immenso ed è ignoto a noi come alla sua stessa popolazione. Si è svelato poco a poco, come è accaduto per l’Egitto. Sono stati necessari lunghi tempi per scoprire costruzioni, monoliti e monumenti che non erano stati citati dagli storici cinesi quali elementi storici.
Solo negli anni novanta la conoscenza occidentale delle piramidi cinesi si sviluppò ancora, quando, con varie esplorazioni, il ricercatore tedesco Hartwig Hausdorf, superando varie difficoltà burocratiche, individuò e fotografò una ventina di piramidi di grande mole nei territori vietati all’accesso nei pressi di Xian. Le scoperte gli valsero la stima degli archeologi cinesi che finalmente superarono il loro atteggiamento di chiusura e riconobbero la straordinaria realtà delle piramidi cinesi.
Hausdorf fu il primo a sostenere, in tutta una serie di pubblicazioni, l’esistenza in Cina di oltre cento piramidi, molte delle quali danneggiate dall’erosione dell’acqua piovana e dai lavori agricoli, e per lo più costruite con malta che nel tempo si era indurita sino a sembrare pietra.
Il materiale non sembra dissimile da quello utilizzato nelle grandi piramidi in Bosnia. Forse, a concludere la vicenda della piramide bianca, ma ne siamo tutt’altro che certi, va poi segnalato come nel 2008 il ricercatore russo Maxim Yakovenko abbia sostenuto di avere ritrovato la leggendaria piramide bianca di Shroder, Maman, Gaussman, Sheehan individuandola nel Monte Liangshan, che custodisce la tomba di Gaozong, secondo imperatore della dinastia Tang. In effetti le due strutture sembrano coincidere per vari principali aspetti, fra cui: il colore, l’altezza, il lato di base, la malta di cui sono composte e le lastre di pietra che coprivano la costruzione e che sono andate in gran parte perdute, i canali di scolo, la presenza di terrazzamenti e scalini. Altri aspetti invece divergono, come ad esempio il grande rilucente pyramidion descritto da Gaussman sull’apice della piramide bianca e del tutto assente sul piatto Monte Liangshan.
Il preteso riconoscimento ci pare quindi alquanto dubbio.
In sintesi, questa è dunque la storia della scoperta occidentale delle piramidi cinesi, mediante la quale la Cina si è rivelata la nazione al mondo detentrice del numero di gran lunga maggiori di piramidi. Sulla base di rilievi satellitari si ritiene oggi che in Cina vi siano oltre cinquecento piramidi, appartenenti a culture diverse e di grandezza diversa, ma, non poche, smisurate. Si tratta per lo più di piramidi di terra, a gradoni o a terrazze, solitamente ricoperte di vegetazione e piante fin dall’antichità, per mimetizzarle alla vista. In parte non secondaria la parte superiore delle piramidi cinesi è piatta e rettangolare, non molto dissimile quindi da quelle amerinde e dalle zigurat mesopotamiche. L’archeologia cinese continua a mantenere un certo riserbo sull’argomento, il regime cinese è però attento ad aprire al pubblico e al turismo le piramidi via via scoperte, come ad esempio alcune delle varie decine esistenti nei dintorni di Xian.
Parte della reticenza governativa nasce dal fatto che alcune regioni dove sono presenti numerose piramidi, come lo Shanxi, fanno parte dell’area missilistica cinese, rappresentando una naturale finestra per il lancio e il rientro dei satelliti: questi territori sono quindi del tutto interdetti all’accesso. Noi crediamo che, fondamentalmente, si tratti anzitutto di intendersi sul significato da dare alla parola piramide, che, a nostro avviso, concerne la forma del monumento e non le modalità ed i materiali della sua costruzione, dato che questi potevano essere differenti, ovviamente adeguati ai singoli contesti geografici e scenari sociali. Per questo le ripetute smentite e rettifiche cinesi suonano più formali ed accademiche che sostanziali.
Abbiamo templi, pagode e pinnacoli. Quelle che sembrano piramidi sono tumuli imperiali.
Carlo Moiraghi